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Sono un uomo di frontiera,
mi sento a casa in tutti i luoghi in cui Oriente e Occidente,
le due parti del mio cuore, possano essere libere di amarsi.
La voce di Fabrizio Piepoli è un universo fluido. Circondata da molteplici strumenti che fanno da controcanto al suo stile fortemente melismatico, è una voce di tenore leggero capace però di toccare i suoni gravi del registro baritonale e di estendersi a quelli acuti di contralto.
Una vocalità sofisticata che gioca continuamente con la propria identità, con il maschile e il femminile, con la geografia e l’appartenenza.
Sono canzoni, le sue, immerse in uno scenario cinematico in bilico tra arcaico e moderno, dove le corde del saz turco e dell’oud arabo si intrecciano agli arpeggi dei sintetizzatori e ai beat urbani del campionatore, paesaggi sonori in cui Fabrizio racconta le sue radici, con una voce che è incontro tra Oriente e Occidente.
Un sound che si chiama Tarabtella طربتيلا, l’incontro fra la pulsazione ritmica della tradizione pugliese e il tarab della melodia araba, la gioia della danza e l’estasi dell’ascolto.